Danny Trejo, George A. Romero, Sarah Michelle Gellar e altre star del cinema horror sono protagonisti della mod di Call of Duty: Black Ops, ovvero Call Of The Dead…

Danny Trejo, George A. Romero, Sarah Michelle Gellar, Robert Englund e via dicendo.

Diversi nomi più o meno storici e più o meno seri del cinema, della televisione e dell’exploitation horror sono tra i personaggi di Call Of The Dead, un mod ufficiale distribuito da Activision per l’ultimo di Call Of Duty: Black Ops. Significa che si può giocare in modalità zombie un’avventura che vede i suddetti personaggi contrapposti ad un’invasione zombi artica. In questo articolo, un filmato che vale più di mille parole.

L’idea è quella di un divertissment da marketing: associare nomi e personaggi famosi del cinema e della tv ad un videogioco che, sebbene lo mascheri bene, fonda tantissimi dei suoi meccanismi di racconto su di essi. Perchè il link al mondo del cinema attraverso attori e registi noti arriva non a caso in un gioco che ha legami anche molto raffinati alle altre forme audiovisive.

 

L’ultima versione di uno dei più famosi sparatutto in soggettiva orbita infatti intorno a due assi principali: la trama sulla quale è imperniata la modalità gioco singolo (che condivide mappe e personaggi con la modalità multiplayer) e la versione zombie. In entrambi i casi, però, è alle regole e ai luoghi comuni del cinema che si attinge per raggiungere il livello di coinvolgimento più alto.

Accade ad esempio nelle sequenze di guerra, quando il protagonista Alex Mason ricorda il Vietnam e vediamo elicotteri apache atterrare con in sottofondo Fortunate Son dei Creedence Clearwater Revival (che è del 1969, anche se quella scena è ambientata nel ‘68, ma fa niente, licenza poetica…), e accade di nuovo in un altro momento musicale, quando su una nave da guerra si percorre il fiume e parte Sympathy For the Devil (quella sì del 1968!). In entrambi i casi quella che viene proposta non è la replica di un momento tipico di guerra (in guerra non c’è la musica) ma la replica di un momento di guerra al cinema. E non si tratta di una cut scene, cioè di un momento di “racconto all’interno di gioco” ma di sequenze di gameplay, che usano quel tipo di linguaggio che il cinema americano ha consolidato negli anni per riproporre un’idea e dei valori: quelli del cinema che ha raccontato il Vietnam. Non ci si sente in guerra in quei momenti, ma in un film di guerra. Che è molto meglio!

 

Discorso completamente diverso per la modalità zombie in cui si deve respingere la più classica delle orde di non morti (nazisti in questo caso) esplorando diverse zone, cambiando armi e raggiungendo obiettivi.

Gli zombie a cui sparare non sono una novità, in quanto mostri postmoderni per eccellenza gli zombie hanno colonizzato da tempo qualsiasi parte della produzione culturale, videogiochi in primis. Ma diversamente dagli altri giochi gli zombie di Call Of Duty: Black Ops hanno una caratteristica eminentemente filmica che li rende micidiali: non sono micidiali.

Come nei film di George Romero gli zombie di Call Of Duty camminano molto lenti, non hanno fretta, sono deboli e si uccidono con grande facilità. Gli zombie sono il mostro che mette in scena la presunzione umana e il delirio di onnipotenza dato dalla facilità con cui si possono uccidere e più si è presuntuosi e non si sta attenti (come si evince dalle frasi pronunciate dal protagonista del gioco) più gli zombie si fanno letali. Sottovalutare la presenza, magari in lontananza, di alcuni di essi può risultare nel vederli poi arrivare assieme a molti altri (e a quel punto non c’è più niente da fare) o farsi sorprendere alle spalle o ancora ritrovarsi in un angolo.

Non siamo in Resident Evil, dove gli zombie piombano quasi sempre ortogonalmente e sono un nemico come altri, da uccidere in rapidità e con abilità, siamo in un gioco che opera una vera traduzione dell’idea romeriana di zombie. Essi esistono solo come specchio per rivelare le nostre debolezze, le nostre presunzioni e le nostre mostruosità…