Questa è stata una settimana di importanti ricorrenze. In generale, questo è un anno di ventennali molto illustri per la storia del videogioco. Nel corso del 1998 sono usciti videogiochi del calibro di Resident Evil 2, Xenogears, StarCraft, Unreal, Banjo-Kazooie, Rainbow Six, Pokémon Rosso e Blu (negli USA), Metal Gear Solid, Grim Fandango e Half-Life, solo per citarne alcuni. Non ce ne vogliano gli altri esponenti di questa lista, ma c’è un titolo che ha bisogno di essere celebrato a dovere, con più cura ed attenzione. Perché sebbene ognuno di questi videogiochi abbia contribuito a plasmare il mercato videoludico, a creare generazioni di game designer che oggi lavorano e producono tripla A come indie (un po’ come il cinema degli anni ’80 che ha cresciuto i cineasti di oggi), c’è un videogioco che, oltre a fare tutto ciò, ha segnato inevitabilmente un prima e un dopo.
Ci riferiamo ovviamente a The Legend of Zelda: Ocarina of Time, classe 1998 (21 novembre in Giappone, 11 dicembre in Eu...
The Legend of Zelda: Ocarina of Time ha fatto molto per il medium videoludico, tra cui cambiare il valore delle domeniche pomeriggio.
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