Giocare con la metareferenzialità, che spesso e volentieri trascende in autoreferenzialità, è un’arte entusiasticamente cavalcata da Goichi Suda, artista, prima ancora che game designer, che ha reso questa forma espressiva la sua personalissima firma, stilema con cui indagare sugli stessi personaggi che pone al centro della scena, strumento imprescindibile per sviluppare le tematiche che si annidano, si celano, si travestono da cliché, autentici specchietti per allodole spesso incapaci ci carpire appieno il senso dell’opera, la morale appena sussurrata, il messaggio intrinsecamente veicolato dalle produzioni di Grasshopper Manufacture.

Con Contact è stato così. RPG classico in tutto e per tutto, con tanto di sessione all’interno di altri videogiochi, in un “Inception” che ha di fatto anticipato l’espediente su cui si erge Travis Strikes Again: No More Heroes, con un finale tale da gettare una luce inquietante non solo sull’avventura appena vissuta in prima persona, ma, più in generale,...