A differenza di altri battle royale, Firestorm ci mette un po’ ad ingranare. Richiede e necessita di qualche partita di rodaggio, periodo di adattamento indispensabile, per il videogiocatore s’intende, affinché interiorizzi ritmi e tattiche sorprendentemente diversi da quelle che normalmente caratterizzano qualsiasi partita a Battlefield V.

Non ci sono la classe di Apex Legends, il ritmo pacato di Player’s Unknown Battleground, né il crafting di Fortnite a caratterizzare la declinazione del genere ideata da DICE. Sulle prime, sembra di avere a che fare con un’appendice un po’ insipida del gioco, un’espansione buttata nella mischia giusto per fare numero, tanto per essere alla moda.

Così come per Blackout, che si regge in piedi solo grazie al raffinato gunplay che contraddistingue la serie di Call of Duty, inizialmente Firestorm sembra un figlio d’arte che non ha un briciolo del talento dei suoi colleghi, ma che gioco forza godrà di un ridotto successo, comunque momentaneo e passeggero....