In una recente intervista rilasciata a Famitsu, la storica testata videoludica giapponese, Hideo Kojima ha parlato delle difficoltà che ha incontrato nel fondare il proprio team di sviluppo, dopo l’interruzione del suo rapporto di lavoro con Konami.

 

È da tre anni e nove mesi che mi sono messo in proprio, a quel tempo avevo 53 anni, un’età nella quale si inizia ad andare in pensione. I membri della mia famiglia erano contrari all’idea. Ero un uomo di mezz’età, senza soldi né altre particolari risorse ed ero da solo nella mia visione di realizzare un gioco di stampo open world.

 

Chiaramente quando Kojima afferma che fosse senza soldi lo fa in relazione al fatto che non ne aveva abbastanza da mettere in piedi un proprio team e infatti, come tutti coloro che iniziano una nuova attività, si è dovuto rivolgere alle banche.

 

Persino quando sono andato in banca non sono riuscito a ottenere un finanziamento. Mi dicevano che sapevano chi fossi, ma che non avevo particolari risultati. Così funziona il Giappone.

 

Il motivo secondo lui sta nel fatto che “non c’è stato un singolo game designer famoso a livello mondiale che abbia avuto successo dopo essersi messo in proprio”. Il che non è necessariamente vero: tanto per rimanere nel contesto giapponese figure importanti come Keiji Inafune hanno avuto sicuramente le loro difficoltà (Mighty No. 9), ma altre come Koji Igarashi sono riuscite, anche al netto di diverse problematiche, a realizzare produzioni di buona qualità (Bloodstained: Ritual of the Night). A ogni modo, alla fine Kojima riuscì a ottenere un prestito dalla più importante banca nazionale, perché il direttore era una suo grandissimo fan.

Per dare sicurezza agli impiegati che stava arruolando e alle loro famiglie Kojima decise di stabilire la sede di Kojima Productions in un bel palazzo, ma da molti proprietari si sentì chiedere: “cos’è Kojima Productions?”, ed ebbe difficoltà nel trovare un luogo adeguato. Anche lì, fu un incontro con un suo appassionato a salvare la situazione.

Nel finale dell’intervista il game designer giapponese ha avuto dolci parole anche per la sua ex compagnia, Konami: “La ragione per la quale sono colui che sono sta nei trent’anni passati in Konami. Sono grato all’azienda e non posso rinnegare il mio rapporto con essa”.

 

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Fonte: Kotaku