A poche settimane dal BlizzCon, quello che Blizzard Entertainment sta vivendo è il suo momento peggiore, passando da una polemica all’altra nell’arco di pochi giorni. Se avete seguito un po’ le notizie saprete che la software house di Irvine ha fatto una serie di scelte che l’hanno portata a essere al centro di reazioni piuttosto vigorose da parte dei giocatori e dell’opinione pubblica generale.

Una delle ultime polemiche riguarda World of Warcraft Classic e una gilda alla quale, in seguito ad alcune segnalazioni, Blizzard ha imposto il cambio di nome con tanto di sospensione dell’account del fondatore.“Quello che Blizzard Entertainment sta vivendo è il suo momento peggiore”

La gilda in questione si chiama “Gay Boys” che, tradotto dall’inglese, significa niente di più che “Ragazzi Gay”. Il servizio clienti di Blizzard ha ricevuto molte segnalazioni dagli altri giocatori riguardo al nome della gilda, considerato inappropriato e/o offensivo dagli una serie di utenti (persone chiaramente omofobe e intolleranti). Così, la software house ne ha imposto il cambio di nome con un altro selezionato casualmente, che attualmente è “Guild ZFXPK”. Inoltre, il creatore della gilda è stato sospeso. E non è neanche la prima volta che succede, perché già nel 2016 era accaduto un episodio del tutto identico.

Ahmil Jilani, uno dei membri della gilda, aveva riferito che le segnalazioni erano arrivate anche ai giocatori stessi, direttamente nella chat di gioco e con tanto di insulti e vessazioni del tipo “f*****o i gay“. Non è servito a niente far notare a Blizzard il grottesco controsenso di una segnalazione per inadeguatezza fatta con quella violenza verbale.

 

Blizzard e la polemica di Hong Kong

Ma la vera baraonda è nata da un episodio che, vista la sua importanza sia politica che economica, è rimbalzato velocemente anche al di fuori del mondo videoludico.

Durante gli Hearthsone Grandmasters, il vincitore del torneo Ng “Blitzchung” Wai Chung ha colto l’occasione per esternare un suo pensiero di protesta dichiarandosi sostenitore dei manifestanti che, negli ultimi mesi, a Hong Kong, si stanno schierando contro il governo cinese. Precisamente, ha detto:

 

“Liberare Hong Kong è la rivoluzione della nostra epoca!”

 

Da questo momento in poi, si sono avvicendate delle reazioni una più incredibile dell’altra. In diretta, i due caster si sono nascosti dietro ai monitor, mentre la regia ha mandato prontamente la pubblicità su Twitch. Poi Blizzard Taiwan ha cancellato ogni riferimento all’intervista tagliando quello specifico intervento. Infine, la bordata conclusiva: la reazione di Blizzard che ha generato la parte più imponente della polemica.

L’azienda bandisce Blitzchung da ogni torneo di Hearthstone per 12 mesi, gli ritira il premio e licenzia pure i due caster che l’hanno intervistato.

 

 

Questo, nonostante Blizzard si appelli al regolamento dei Grandmasters, ha scatenato ovviamente delle reazioni mondiali. I dipendenti di Irvine hanno reagito cancellando i propri account dai server di gioco (procedura che l’azienda ha bloccato, per altro, cercando di limitare i danni), una mossa che anche moltissimi giocatori hanno tentato seguendo l’hashtag #BoycottBlizzard. Giornalisti, influencer, ma anche politici hanno iniziato a dire la loro mentre Mei è diventata curiosamente la mascotte di chi è in disaccordo con la decisione di Blizzard, in quanto personaggio cinese all’interno di roster di Overwatch.

Al momento la valanga non accenna a fermarsi, e sempre più persone stanno reagendo negativamente al comportamento dell’azienda. Perché? Al di là di ogni ragionevole dubbio, va detto che il colosso cinese Tencent possiede il 5% delle azioni di Activision Blizzard. E proprio il fatto che non abbia questa gran quota azionaria rende la reazione della software house di Irvine ancora più incomprensibile e, dicono le malelingue, probabilmente risultato di un eccessivo servilisimo verso un mercato, quello cinese, che è una fonte di grandissimo guadagno per Blizzard.

A poche settimane dalla BlizzCon, dicevamo, la situazione non è delle migliori. Curiosamente, proprio un anno fa è iniziato il tracollo mediato, con quella disastrosa presentazione di Diablo Immortal.

 

Ultimi aggiornamenti

In queste ultime ore sembra che Blizzard stia facendo di tutto per chiarire entrambe le vicende: nella notte, infatti, il presidente di Blizzard, Allen Brack, ha rilasciato un comunicato ufficiale in cui dichiara che i rapporti dell’azienda con la Cina non hanno in alcun modo influenzato la decisione presa nei confronti di Blitzchung, ammettendo allo stesso tempo che sono stati compiuti errori nel trattare il caso in questione. Di conseguenza, Blitzchung si è visto riassegnare il premio in denaro (vinto regolarmente) e ridurre il ban da un anno a sei mesi.

Potete leggere l’intero comunicato sul sito ufficiale della Blizzard, in lingua inglese.

Anche sulla vicenda di World of Warcraft ci sono stati alcuni sviluppi, visto che i giocatori della gilda si sono visti restituire il proprio nome (anche se in futuro potrebbe essere oggetto di ulteriori modifiche in seguito a nuove segnalazioni). In questo caso, il problema – spiega Blizzard – nasce dal sistema di controllo impostato dall’azienda, il quale modifica automaticamente i nomi in seguito a un eccessivo numero di segnalazioni, e a cui non c’è rimedio se non quello improponibile di controllare in prima persona tutte le segnalazioni di un’utenza sterminata.

 

Fonte: Videogamer UK