A comprovare ulteriormente la progressiva e ormai inarrestabile emancipazione del videogioco come media comunemente accettato e quotidianamente fruito, non bastasse il clamore generato in questi giorni dalla “fine” e conseguente “resurrezione” di Fortnite, negli ultimi tempi sempre più attori affermati del mondo cinematografico e televisivo prestano le loro fattezze nella produzione di titoli videoludici.

L’intento, tutt’altro che celato, è naturalmente duplice: sfruttare il beniamino di turno a fini di puro marketing, così da attirare anche un pubblico diverso dal solito; dare spessore al comparto narrativo, aspetto che spesso e volentieri fatica a essere convincente e coinvolgente come ci si aspetterebbe.

Del resto, non è facile far convivere in armonia quelle che sono le ovvie necessità ludiche di un videogioco, con le motivazioni che possono spingere un personaggio a fare, o non fare, qualcosa. Non è affatto un caso che le produzioni più riuscite in questo senso o optino per un’int...