Sono passati cinque anni dalla pubblicazione in tutto il mondo di The Witcher 3: Wild Hunt, ultimo capitolo della trilogia basata sui romanzi di Andrzej Sapkowski. Grazie a un open world immenso, il gioco si distaccava dai capitoli precedenti prendendosi dei rischi, con un risultato che rimane eccellente anche dopo cinque anni.

In un’intervista con Polygon, Philipp Weber di CD Projekt RED ha spiegato il perché di questa scelta e come mai è stata così efficace:

 

Mateusz Tomaszkiewicz il nostro Quest Director, ci disse che lo scopo del titolo era quello di fondere la filosofia del design dei due capitoli precedenti, ovvero una storia matura dai dialoghi multipli e conseguenze, con l’open world. C’era questa credenza comune che gli open world non potessero raccontare belle storie. L’abbiamo presa come una sfida.

All’inizio, cambiare il nostro tipico design per l’open world sembrava difficile ma, nel complesso, ha migliorato di molto le quest. Il nuovo genere rendeva le missioni più aperte, con più possibilità da esplorare per il giocatore, un nuovo modo di viverle.

“Se non la risolvo in un determinato ordine, potrebbe avere delle conseguenze più avanti nel gioco!” Siamo sempre stati dei grandi fan delle scelte poco lineari e qui il gioco ci è venuto incontro regalandoci opportunità extra.

Uno dei commenti che ci riempie sempre d’orgoglio riguarda la voglia di esplorare e tornare nel mondo di The Witcher 3, perché ci sono un sacco di cose diverse da fare. Pensa che durante lo sviluppo temevamo il contrario, pensavamo fosse troppo corto e continuavamo ad aggiungere cose.

 

Nell’intervista integrale, Weber si sofferma anche su alcuni aspetti di design, come l’olfatto dei lupi: le belve riescono a percepire l’odore del sangue dei nemici caduti e si dirigono in branchi verso il punto preciso.

 

 

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Vi ricordiamo che The Witcher 3 è disponibile su PlayStation 4, Xbox One, PC e Nintendo Switch.

 

Fonte: Gamespot