Dopo qualche tira e molla, annunci e sparizioni nell’ombra, è tornato in questi giorni uno dei walking simulator più discussi e citati di questa categoria, a quasi tre anni dal suo debutto per PC e PlayStation 4Firewatch, o di quando lo storytelling ha incontrato il videoludico. La scelta riguardo il periodo di lancio è stata probabilmente dovuta ad altri fattori, ma quella delle festività natalizie è perfetta in termini di atmosfera, occasione di rito per dedicare del tempo (anche) alla riflessione sul proprio vissuto. Campo Santo, un nome che sembra evocativo per continuare ad alimentare questo fil rouge dalla fibra eucaristica, ha ben pensato di renderci disponibile la sua storia di debutto per Nintendo Switch. Si trasforma così questa avventura non in un passatempo qualsiasi, ma in una sorta di libercolo digitale da aprire e sfogliare al momento del bisogno, quando il mondo al limite del frugale e in perfetto stile into the wild non può che offrire un momento di pausa dal caos quotidiano.

Firewatch screenshot

Soli nella natura, (quasi) soli con noi stessi

Per quanto vi siano riferimenti temporali alla narrazione, partendo dall’incontro di due sconosciuti nel lontano 1975, al vissuto sempre più intenso e drammatico nei decenni a venire, Firewatch ha la capacità di immergerci in una storia che assume diverse sfumature a seconda delle scelte che andremo a compiere seguendo la nostra sensibilità, ma che non varieranno la sostanza del filone narrativo. Un nodo cruciale che ha diviso la critica, questo, e che dopo qualche anno possiamo cercare di sbrogliare, riflettendo su come tale aspetto sia un bene, dopotutto: l’obiettivo non è altro che dare del tempo da ingannare al giocatore vagando nel paradiso terrestre di Yellowstone, tra i colori accesi e le forme elementari che la nostra anima assume mentre prende vita dinanzi ai nostri occhi.

Firewatch ha la capacità immergerci in una storia che assume diverse sfumature a seconda delle scelte che andremo a compiere seguendo la nostra sensibilità”Cibo per gli occhi e per la mente: nonostante il forzato e forzoso conformismo circa il rispetto della natura e l’intransigente integrità di Henry e Delilah, che possono risultare abbastanza pedanti e rasentare il limite della noia, Firewatch ha dalla sua una serie di schermate dalle frasi che possono tranquillamente diventare pane per i denti di chi vuole condividere citazioni sui social e per coloro che sono alla ricerca di semplicità nelle forme e nella grafica. Ironicamente, il nome della donna che ci accompagna, come Virgilio con Dante, durante il nostro peregrinare, ricorda una canzone dei Plain White T’s, riassumendone il senso in questi pochi versi: “hey, there, Delilah, listen to my voice, it’s my disguise, I’m by your side”.

Firewatch screenshot

Firewatch è ancora in grado di far vibrare le corde dell’anima

Con il passare del tempo la storia non ha perso il suo fascino e la capacità di far vibrare le corde più profonde anche delle anime meno sensibili. Anzi, proprio in virtù del tempo passato, Firewatch dimostra di essere universale e di poggiare su basi larghe abbastanza da sorreggere una porzione piuttosto ampia di persone, ciascuna con la propria storia, ciascuna con il proprio dolore. Persi nella nostra selva oscura, camminando verso laghi che non possiamo attraversare e incontrando sconosciuti a noi ostili, il caso vuole (o forse no) che abbiamo il privilegio di ammirare dall’alto la vastità di un mondo selvaggio, tanto nudo e crudo quanto forte e puro, nel tentativo di riabilitare noi stessi attraverso un percorso quasi dantesco, tale per cui uscimmo a riveder le stelle da una caverna. Quello che in definitiva è il messaggio di queste luci sparate nel cielo.