Da qualche anno a questa parte stiamo assistendo a uno spostamento demografico del videogiocatore medio. Il ragazzino cresciuto con le console degli anni ‘80 si avvicina ai fatidici trent’anni, se non addirittura ai quaranta e, come spesso succede quando si invecchia, inizia a idealizzare i bei tempi andati.
Forse nel 1992 ci divertivamo con quattro pixel e due tasti, forse nel 1996 il passaggio al 3D ci colse di sorpresa, forse addirittura il primo filmato di Final Fantasy X riuscì ancora a stupirci. Oggi però abbiamo un cuoricino indurito e le mascelle a terra si stanno trasformando in sbadigli neppure troppo poderosi.

Nel mentre scatta un meccanismo strano: nella ricerca disperata delle sensazioni di vent’anni fa, il nostro giocatore medio inizia a coltivare una retromania pericolosa, non il classico retrogaming quanto l’ossessione per ritrovare esperienze classiche in giochi che, almeno in teoria dovrebbero essere nuovi. Alienation rientra appieno in questa stramba categoria.