Firewatch
di Campo Santo
9 febbraio 2016
Profumava di libertà e selvatichezza Firewatch il giorno del suo svelamento, prometteva di unire una storia particolare ad un’ambientazione eccezionale, il Wyoming selvaggio, di unire concezioni di natura prettamente indie, come il focus sul racconto, ad un respiro più ampio, certamente non da produzione tripla A, ma quantomeno relativo ad una dimensione ludica più estesa, ariosa, libera della maggior parte delle produzioni indipendenti story driven. E poi prometteva di porre il giocatore in una situazione quasi di sospensione della realtà, collocandolo lì nel bel mezzo del nulla, o della natura selvaggia, a seconda di come lo si percepisca, attraverso il protagonista dell’avventura, Henry, ritrovatosi per sua scelta in una situazione di fuga dalla realtà, quasi irreale per peculiarità.
Firewatch nei primi momenti è capace di irretire il giocatore, con una introduzione estremamente basilare, composta da poche schermate, attraverso le quali viene descritto l’antefatto ...
Una sentinella antincendio, la sua superiore, i boschi del Wyoming ed un mistero: la recensione di Firewatch
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