La missione di Tokyo RPG Factory è chiara, riportare ai giocatori i JRPG di una volta, magari privi di qualche anacronistico elemento, come le battaglie casuali, ma forti delle loro caratteristiche classiche, dall’overworld con città, montagne, boschi, caverne, templi da esplorare alla visuale isometrica a tanto altro ancora. Il problema è che il team di sviluppo giapponese non ha a disposizione una macchina del tempo, grazie alla quale portare nel 2018 l’interezza della magia delle produzioni dell’allora Squaresoft (o Enix), ma una varietà di ingranaggi da incastrare bene tra di loro, prima di soffiare dentro quanto appena realizzato un po’ di anima. Quello che era riuscito a fare parzialmente con I am Setsuna e che non è riuscito a fare con Lost Sphear.

Nel raccontare l’avventura di un gruppo di eroi che devono salvare il mondo Lost Sphear incappa in tutti i cliché del genere, dalla giovane età dei protagonisti all’impero malvagio, dal nemico nasco...