Pezzi di roccia che fluttuano nel nulla e creature volanti, per certi versi simili a dragoni, che si stagliano sullo sfondo. L’incipit di Mass Effect: Andromeda, l’affascinante cartolina con cui si presenta ufficialmente al suo pubblico, sembra l’introduzione ideale per l’ennesimo videogioco tratto dall’epopea de Il Signore degli Anelli, piuttosto che dell’ultimo esponente di una saga sci-fi che, solo una generazione di console addietro, seppe imporsi tra i brand di riferimento del genere, nonché come un fenomeno culturale per molti versi paragonabile a Star Wars.

Decine e decine ore di gioco dopo, riguardando a quell’istantanea, così alienante e straniante, così lontana dalle aspettative di chi aveva sconfitto i Razziatori (o forse no?) al fianco del Comandante Shepard, ci si accorge che tutto ciò che il gioco voleva e vuole essere è proprio lì, contenuto, compresso ed esplicitato in un’immagine che simbolicamente fonde fantascienza e fantasy, tecnologia e magia, passato e futuro dell...