Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
di Kojima Productions
1 settembre 2015
Big Boss è un rudere, un’immagine sfocata di quello che fu un tempo. Di lui resta un fantasma, pieno di dolore e rimpianti, che sembra trascinarsi da un campo di battaglia all’altro. Mutilato, sfigurato, ferito persino nell’orgoglio. Ha perso un braccio, un detrito conficcato nel cranio gli causa allucinazioni, molti dei suoi alleati e compagni sono morti o, peggio, sopravvivono come lui: distrutti dai sensi di colpa e arsi vivi da un desiderio di vendetta che non può essere soddisfatto.
Metal Geat Solid V: The Phantom Pain comincia proprio dove Ground Zeroes s’interrompeva e non c’è modo migliore, per descriverlo, se non paragonandolo all’aspetto del suo protagonista. Dell’eroe tormentato e “cinematografico” di Snake Eater, del soldato maledettamente romantico, costretto ad uccidere il suo mentore in una delle scene più riuscite dell’intera saga, non c’è rimasto quasi più niente. Non è solo deturpato e ovviamente invecchiato: gli occhi sono vacui, la sua voce è cambiata (argh!), ha pe...
Big Boss non è più quello di un tempo: la recensione di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain
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