Nella storia del videogioco, esistono titoli sfortunati, bistrattati. Giochi dalla caratteristiche strabilianti, quasi avanguardiste, che però non hanno fatto breccia come avrebbero dovuto. Un esempio può essere Mirror’s Edge, l’action-adventure in prima persona di DICE, uscito nel 2008. La sua genialità sta nell’aver inserito l’adrenalina del parkour, corsa acrobatica nata in Francia negli anni Novanta, all’interno di un mondo distopico. Il filo che tiene ben saldi questi due elementi è rappresentato dall’anonima città in cui si svolge la storia di Faith Connors.

 

 

Questa, in Mirror’s Edge, assume una duplice funzione. Da una parte è ambientazione dall’estetica minimal ed elegante, che racchiude perfettamente il concept narrativo del gioco. La città è infatti riflesso del controllo attuato dal conglomerato aziendale, che ha portato a una società dedita al benessere, alla sicurezza e al consumismo a discapito della sporca ma viva libertà. Un asfissiante contrasto che prend...