Akane si presenta con un espediente narrativo che ne definisce, immediatamente, anche la ludica. È la stessa protagonista del gioco, colei che gli dà il nome, a descrivere con una sola frase quanto sta per succedere: “Stanotte morirò qui, e porterò tutti voi figli di puttana con me”. Non sappiamo cosa l’abbia condotta ad affrontare tra le strade della Mega Tokyo del 2121 gli affiliati della yakuza, sembra una storia di vendetta, di quelle che si risolvono solo nel sangue, non solo dei nemici, ed è esattamente quello che succede. Le parole della donna sbattono in faccia al giocatore la sua sconfitta prima ancora che egli inizi a giocare, perché in Akane non si vince, non è mai possibile sopravvivere al combattimento che ogni volta si reitera e che a ogni morte è possibile ricominciare in maniera istantanea, ben sapendo che nulla cambierà. Meglio, nulla cambierà nell’esito finale, ma quel contatore in alto che segna le uccisioni varierà invece sempre, alla ricerca dell’...